Laura si trova a Gori, in Georgia, dove sta svolgendo il progetto di volontariato europeo “Yes, youth can”. A causa della pandemia si è trovata a vivere momenti di sconforto, ma non si è lasciata abbattere dalle difficoltà. Grazie al suo grande spirito di iniziativa e ad un po’ di inventiva, Laura ha deciso di fondare un club di inglese a Gori. Qui ci racconta come sta andando la sua impresa.
Gli ultimi mesi sono stati particolari. Insomma, stando ancora in mezzo ad una pandemia questo statement mi sembra, a dir poco, cliché però….It is what it is.
Da settembre ci siamo visti bloccati ad aspettare che aprissero le scuole, mentre i casi di infezione per Covid-19 continuavano ad aumentare. Le scuole sono aperte, e poche settimane dopo, chiuse di nuovo. Adesso, sembrerebbe che la normativa analizzi i casi individuali delle scuole e le sue rispettive statistiche di contagio. Questo sembrerebbe una prospettiva leggermente più felice, ma resta il problema che potrei dover iniziare un percorso in una scuola senza poterlo finire: la totalità dei presidi si lamenta della cattiva organizzazione durante il remote learning – per cui è quasi sempre impossibile inserire i miei trainings. Questo è successo alla scuola di Kveshi – un villaggio a circa 30 minuti di distanza di Gori e vicino alla comunità dell’Ossezia del Sud – in cui ci sono andata un totale di due volte. Ho fatto un incontro introduttivo con un assessment, per conoscere i beneficiari, investigare superficialmente le loro situazioni socio-economiche, e capire meglio i loro interessi. Due settimane dopo ho svolto il primo training, dopodiché la scuola ci ha allertato dell’aumento significativo dei casi e le attività si sono bloccate. Questa situazione è frustrante non solo per me, ma per tutto il team.
Incastrata in questa situazione particolare, ho riflettuto su come avrei potuto dare il mio contributo in modo alternativo, al di fuori delle istituzioni scolastiche. Ho deciso di fondare un club di inglese in cui avrei potuto insegnare la lingua alla popolazione di Gori. Qui l’inglese è usato pochissimo. Devo dire che è stato uno dei miei pochi successi. Inoltre, ho l’occasione di imparare di più dai locali e allo stesso tempo insegnar loro una lingua, promuovendo discussioni su temi di cultura generale. Le prime lezioni di gennaio, infatti, saranno fatte in modalità reversed classroom: gli studenti mi faranno lezioni in inglese, con powerpoint e materiale supplementare, in cui mi spiegheranno diversi aspetti dalla cultura georgiana. Sono gentili, volenterosi e ci divertiamo: cosa c’è di meglio?
Un altro piccolo successo sono state le attività che sono riuscita a svolgere nella scuola numero 12, a Gori città. Questa scuola è, tuttavia, un caso particolare. Dall’assessment svolto l’estate scorsa, ho scoperto che disponeva dell’ambiente ideale: buona struttura, discreta organizzazione, personale coinvolto e (soprattutto!) studenti interessati e con un livello di inglese straordinario. In altre scuole, in particolare quelle esteriori alla città, la maggior parte degli studenti non dispone di un livello di inglese sufficiente per lo svolgimento dei miei trainings in un certo livello di astrazione. Molte volte la mancanza di una lingua intermedia (questo è comunque in parte mia responsabilità, visto che non possiedo un buon livello di lingua georgiana) compromette la creazione di relazioni con i beneficiari. Sono innumerevoli quelle situazioni che vengono definite lost in translation e la relazione indiretta con le persone può essere mediata in modo più o meno costruttivo. Questa situazione non si pone a Gori 12 quindi la creazione e coltivazione di relazioni con i ragazzi è spontanea e lo scambio è altrettanto ricco. Con un ora di training a settimana sarà dura finire il mio programma prestabilito di educazione alla pace. Però, se le discussioni che facilito istaureranno un piccolo seme di curiosità, innaffiato con una grossa dose di pensiero critico, sarò più che soddisfatta.
Laura