Le notizie relative agli scioperi studenteschi, organizzati in tutto il mondo venerdì 15 marzo per il clima, e cioè per impedire il collasso dell’unico Pianeta vivibile, ci fanno pensare alla fiaba del danese Andersen, in cui solo un bambino ha il coraggio di gridare che “il re è nudo”, mentre tutti fingono di credere che sia vestito di inesistenti abiti meravigliosi, confezionati da due imbroglioni che hanno convinto tutti della bellezza di quei tessuti, invisibili solo agi stolti e ai malvagi.
Nel nostro caso il bambino che ha svelato per primo l’inganno, ottenendo, attraverso una stupita e poi convinta copertura di social e di mass media, una mobilitazione di raggio mondiale, è la sedicenne svedese Greta Thunberg, che non ha fatto un gesto di infantile ingenuità, ma un’operazione che la fa passare dalla fiaba alla storia e alla buona politica.
Ha già ottenuto l’attenzione di milioni di giovani e di personaggi influenti del mondo accademico, che l’hanno anche proposta per il premio Nobel per la pace.
Sette mesi fa Greta avviato una solitaria, tenace, motivata protesta, andando ogni venerdì davanti al Parlamento svedese, inalberando un cartello con su scritto “Sciopero dalla scuola per il clima”. Non contro la scuola, non contro “il sistema”, come nel ’68, ma per risvegliare i responsabili della politica mondiale, che non sono coerenti con quanto la scienza dimostra e quanto loro stessi hanno solennemente firmato con l’Accordo di Parigi sul clima del dicembre 2015.
L’americano Trump, come noto, ha ritirato la sua firma, seguito dal brasiliano Bolsonaro. Anche gli studenti americani si mobilitano e si impegnano in azioni legali contro i Governi, in difesa della Terra. A Washington la mobilitazione è promossa da tre ragazzine di 12, 13 e 16 anni.
Nel 2018 era stata un’altra studentessa sedicenne del Connecticut, Lane Murdock, a mobilitare migliaia di studenti in tutti gli Usa, con lo slogan “Enough is Enough”, contro l’indisponibilità di Trump a frenare la diffusione delle armi, che permettono le stragi di folli sparatori. Si può dire che questi ragazzi della cosiddetta Generazione Zero stiano svolgendo la funzione che Socrate attribuiva a sé stesso, quella di un tafano che punzecchiava Atene per risvegliarla e impedirle di dormire, come fa un cavallo sonnolento. E concludendo la sua Apologia di condannato alla cicuta, disse che gli ateniesi non si sarebbero liberati di lui, perché la sua opera sarebbe continuata con giovani, “tanto più intransigenti quanto più giovani”.
Speriamo che questa intransigenza sia ragionevole e capace non solo di stimolare, ma anche d’impegnare i giovani e gli adulti a studiare i problemi e a fare la propria parte per risolverli in concreto.
E’ una consolante speranza, che rivela, per contrasto, la follia della contemporanea strage di musulmani riuniti in preghiera in una moschea della Nuova Zelanda. Strage pianificata per due anni da fanatici razzisti bianchi e sedicenti cristiani venuti dall’Australia.
Luciano Corradini