Mentre stavo impostando questo articolo per la pagina dedicata al volontariato: CSV Atelier Europeo, ho ricevuto la dolorosa e incredibile notizia della morte improvvisa, la notte scorsa, dell’amico prof. Giuseppe Mari. Sono riuscito a rimettere le mani sulla tastiera, ripensando a lui, alla sua breve e intensa vita, spesa tutta all’attacco, sul piano della ricerca, dell’insegnamento, della promozione culturale e dell’educazione, in università, nella scuola, nei gruppi di volontariato, a livello nazionale, europeo e mondiale. L’infarto lo ha colto all’improvviso nella notte dopo aver tenuto una relazione a Manerbio, in sede parrocchiale. Mesi fa avevamo parlato del seminario da lui tenuto a Cracovia, nell’università in cui aveva insegnato Wojtyla. Tanti rami della sua attività si sono spezzati, come è capitato in tante parti d’Italia, in particolare agli alberi bellissimi delle Dolomiti, in seguito a venti improvvisi e violenti.
Fra questi rami dell’albero frondoso di Giuseppe, uno aveva intrecciato la mia attività di ricerca. E’ venuto a casa mia per convincermi a collaborare e mi ha accompagnato a Bienno per un seminario. Tre giorni fa ci siamo sentiti, per sollecitare alla Vita e Pensiero la pubblicazione di un libro in cui mi aveva coinvolto, dopo aver guidato la sperimentazione di alcune scuole della Valcamonica, sul tema “Cittadinanza e Costituzione”. Volevamo che il libro, consegnato mesi fa, uscisse a ridosso della proposta di legge di iniziativa popolare promossa dall’ANCI, per la quale è ancora in corso la campagna per la raccolta delle firme. Aveva già ipotizzato un convegno a Roma, per presentare, con UCIIM, AIMC, AIDU e FUCI, il libro, dal titolo “Educazione alla cittadinanza e insegnamento della Costituzione”, che inquadra e presenta le esperienze condotte nel Bresciano, ma anche a Roma e in Calabria.
Scorro con dolore, ma anche con ammirazione e con fiducia nel futuro, l’elenco delle mail che ci siamo scambiati nel corso dei due anni passati. Quando mi mandò il suo testo introduttivo, nell’agosto 2017, gli scrissi che lo trovavo nitido, essenziale, che in termini musicali mi sembrava un’ouverture e un leit motive di tutto il libro. Mi rispose che era molto lieto di questo apprezzamento, che gli faceva molto piacere la nostra collaborazione e che il direttore d’orchestra avrei dovuto farlo io. Per l’età poteva essere mio figlio, ma per la sapienza e per la vastità degli orizzonti e degli impegni eticamente assunti e argomentati, ho imparato a considerarlo un maestro. Un maestro che ha lasciato troppo presto anche me, come la sua famiglia, la sua Cattolica e tante altre sedi, in cui lavorava con la generosità e con l’impazienza di un volontario della Protezione civile, nel grande Atelier dell’Italia, dell’Europa e prima di tutto della Chiesa. Ha lasciato non solo le sue cornee a chi ne ha bisogno, ma anche tanti suoi scritti, che possono aiutare molti giovani a guardare lontano.
Luciano Corradini