Mai più la guerra, mai più la violenza, mai più le morti sul lavoro…. Si può, si deve sperare, pensare, scrivere, manifestare nei cortei e nelle piazze, alzare la voce, ma anche il pensiero, il sentimento e l’impegno, per difendere la libertà e l’uguale dignità umana, la democrazia, il lavoro, la solidarietà, la giustizia, la salute, la pace.
E’importante anche pregare e testimoniare per questi valori, com’è avvenuto il 7 ottobre scorso davanti al Colosseo nello spirito di Assisi, per iniziativa della Comunità di Sant’Egidio, con i responsabili di una quarantina di religioni, lingue e nazioni.
C’è da segnalare e da ricordare la storica Marcia per la pace Perugia Assisi, inaugurata da Aldo Capitini nel 1961, che si è realizzata anche il 10 ottobre di quest’anno, con la regia del coordinatore della marcia Flavio Lotti, con lucida consapevolezza e con forte partecipazione di enti locali, scuole e associazioni di volontariato, di fronte a una situazione così sintetizzata: “La crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri e vulnerabili: la crisi climatica sta peggiorando; la pandemia è ancora in pieno corso in tante parti del mondo; malgrado questo – ed è scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari”. “Per fare la pace non bastano gli appelli. C’è bisogno di un nuovo, forte, diffuso impegno personale di tutte le donne e gli uomini che, dentro e fuori le istituzioni, vogliono sradicare le violenze, le ingiustizie e i conflitti che ci sono dentro e tra le società e aiutare le giovani generazioni a costruire una vita e un mondo migliore”.
Nei giorni precedenti la Marcia, da quest’anno ridefinita “Marcia Perugia Assisi della pace e della fraternità “I Care”, si è inaugurato il Decennio della Cura Verso il 2030, data che coincide con l’Agenda dell’ONU 2030, che in virtù della legge 92/2019 e delle Linee guida 2020, fa parte del programma di educazione civica di tutte le scuole italiane.
Anche la scuola deve perciò affrontare, con provveduta consapevolezza, un problema paradossale, che sta affaticando i dibattiti e le mobilitazioni di questi mesi. In piazza e sui social ci sono persone e gruppi che con diverse motivazioni si appellano alla Costituzione per difendere il loro rifiuto di vaccinarsi o di presentare il Green Pass. Qui mi permetto di attingere, con un sorriso, al mio diario personale, del luglio 1970: “Stamane Attilio (4 anni), dopo un giorno di febbre altissima (40,2) seguita da una notte di vomito, conseguenza di una seconda polmonite, si è svegliato di buonumore. Mi è saltato in collo, mi ha baciato e ha detto: «Noi siamo due fratellini». È una cosa bellissima. Quando mi vede con la siringa in mano, piange come un vitellino e tenta di fuggire, ma subito dopo la puntura viene a dirmi che non ha più male e che le punture bisogna farle per guarire. Spero che, quando sarà grande, non dovrò più costringerlo o imbrogliarlo, ma che lui capirà e mi accetterà come amico: anzi, come «fratellino», la parola più bella che un bimbo possa dire al suo papà. E io vorrei che una parola amichevole potessero tutti rivolgere anche a quelle decisioni del Governo, che hanno finora fatto argine alla pandemia col vaccino. Sono quel visionario che nel 1992 fece per 15 mesi un versamento al Tesoro del 10% del suo stipendio, per segnalare il pericolo di un debito pubblico che minacciava la libertà di tutti, in particolare dei giovani.
Il 10 ottobre ho avuto il premio intitolato a Donato Menichella, il Governatore della Banca d’Italia che nel 1960 ottenne l’oscar della lira.
Speriamo che per avere il riconoscimento che il diritto/ dovere di tutelare anche la salute come bene comune (art. 32 Cost) non si debbano aspettare altri trent’anni.
Luciano Corradini