Mentre si aprono in Italia nuovi ”cantieri”, dedicati a incontri e convegni su don Milani, a cento anni dalla nascita, si stanno raccogliendo gli atti dedicati al convegno tenutosi nell’Università di Firenze, il 26 ottobre 2023, per iniziativa congiunta delle associazioni d’insegnanti e dirigenti scolastici Diesse, Aidu, Disal, Aimc, Uciim, sul tema Vivere la testimonianza di don Milani.
Il fatto che queste associazioni siano d’ispirazione cattolica, anche se non tutte contengono la C nella sigla, non significa che si voglia fare di don Milani una bandiera per una politica scolastica da contrapporre ad altre bandiere che si stanno levando per denunciare i mali nostra della scuola, identificandoli nei “miti” dell’inclusione, dell’uguaglianza, della “migrazione a destra delle idee della sinistra”. Per qualcuno si vorrebbe far diventare questo prete e maestro tanto complesso e per certi aspetti paradossale, come un “rappresentante della cultura ufficiale”. A denunciare queste arbitrarie semplificazioni ha dedicato un suo saggio Riccardo Cesari, ordinario di matematica finanziaria nell’Università di Bologna, intitolato: “Hai nascosto queste cose ai sapienti. Don Lorenzo Milani, vita e parole per spiriti liberi”, Giunti, Firenze 2023. Cesari è ritornato sul tema in un più agile volumetto, che ha per sottotitolo “Preconcetti, calunnie e distorsioni”, Marietti 1820. Particolarmente appropriata è questa sua domanda: ”Anche San Francesco è il patrono dell’Italia, ma c’è qualcuno che lo considera il rappresentante dello Stato e della società italiana, o anche solo della componente cattolica?” La sua visione panoramica delle posizioni in campo è precisa. Di fronte alla figura e all’opera di don Lorenzo Milani il mondo si fa in quattro: ai due estremi ci sono gli apologeti e i detrattori, tutti senza se e senza ma. Se per gli uni il risultato netto di questa complessa figura è del tutto positivo, per gli altri è negativo, pericoloso e senza appello.
Chi è intervenuto come relatore o nel dibattito nel convegno di Firenze citato in apertura ha manifestato la consapevolezza di non aver chiuso il discorso con lui, ma di considerarlo un autore prezioso per riattivare domande cruciali e cercare risposte di vasto respiro, capaci di far breccia nell’individualismo, nell’indifferentismo, nella chiusura entro recinti culturali, ecclesiali, sociali e politici che si sono impoveriti nella difficoltà d’incontrarsi e di stabilire possibili reti di comunicazione, alleanze e sinergie. L’orizzonte spirituale e metodologico del convegno e delle sue prospettive future è quello emerso nei recenti anni e ancora in corso nel Sinodo voluto da papa Francesco: ascolto, discernimento, cammino.
Pocheore prima della sua morte, a 44 anni, don Lorenzo disse all’allievo e amico Michele Gesualdi: ”In questa stanza c’è un cammello che passa dalla cruna dell’ago. Non lo raccontare mai a nessuno”.[1] Si sentiva come un “giovane ricco” che, a differenza di quello citato dal Vangelo, aveva venduto tutti i suoi beni, per darli ai poveri, secondo l’invito di Gesù.
La testimonianza di questa morte è per noi una lezione che non tutti gli studiosi di don Milani prendono in considerazione.
Luciano Corradini
[1] Michele Gesualdi, Don Lorenzo Milani L’esilio di Barbiana. San Paolo, Cinisello Balsamo Milano, p. 237