Il 27/5/2023, giorno centenario della nascita di don Milani, il presidente della Repubblica e il presidente della CEI, tra gli altri, saranno a Barbiana.
Diversi segnali lasciano intendere che questo prete e maestro controverso, per moltissime scuole, associazioni, università, enti, e per lo stesso Ministero, abbia ancora parole capaci di risvegliare la nostra coscienza, di aiutarci a scompaginare e a riordinare alcune nostre idee civili e professionali e di motivarci a ripartire insieme, per ridare senso alla scuola, alla stessa università, alla Chiesa, alle istituzioni e alla politica.
Non c’è invece il rischio di ridurlo a un’icona stereotipata, a un serbatoio di definizioni paradossali e brillanti, per infiorettare qualunque discorso “impegnato”? Ricordo solo che il linguista ministro Tullio De Mauro (2000-2001) lo ha studiato a lungo come educatore geniale della lingua italiana e straniera, che Giuseppe Fioroni (2006-2008) ha iniziato il suo governo con un pellegrinaggio a Barbiana, e che la ministra Valeria Fedeli (2016-2018) ha partecipato a Milano, nell’aprile 2017, alla presentazione di un’edizione di Tutte le opere, di don Lorenzo Milani, diretta da Alberto Melloni e collocata nella prestigiosa collana I Meridiani di Mondadori, che pubblica autori e testi considerati classici.
I due tomi di oltre 3000 pagine in edizione rilegata, che comprendono libri, lettere e molti inediti di don Milani, consentono di esplorare in modo organico la miniera delle sue idee, così come si sono manifestate allo stato nascente, spesso in modo drammatico, nella vita di un giovane prete vissuto da emarginato, capace però di mettersi, col suo lavoro di educatore e di intellettuale, al centro dell’attenzione del mondo della scuola e dell’educazione e, attraverso queste, della Chiesa, della società e della politica. Sono anche letterariamente coinvolgenti, queste pagine, perché prendono di petto le persone e le situazioni, hanno il dono della sintesi e sono per così dire in presa diretta, pur con qualche libertà libertà toscana, con la realtà, con i principi più alti del pensiero filosofico, pedagogico e politico, ma anche con i problemi, con gli umori e col linguaggio della gente comune e dei ragazzi della seconda metà del secolo scorso. Basti pensare al ruolo da lui attribuito ai genitori nella scuola.
Soprattutto sono espressione di una personalità straordinaria, capace di lottare contro sé stessa e contro chi contrastava il suo sforzo di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale (e culturale!) che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del Paese” (art.3 Cost).
Aggiungo che noi abbiamo bisogno non solo di scienziati, di tecnici, di imprenditori e di politici, ma anche di testimoni, di eroi, di filosofi, di poeti, di uomini e donne di fede: persone che è bello continuare a frequentare, perché restano a lungo nella coscienza dell’umanità, anche dopo la conclusione della loro vita terrena, che talora è veramente breve, come nel caso di don Milani, morto a soli 44 anni, il 1967, in quella che il suo allievo Michele Gesualdi ha intitolato L’esilio di Barbiana.
Luciano Corradini