Il 23 giugno, col referendum voluto da Cameron, il Regno Unito deciderà se uscire dall’Unione Europea o restarvi.
Mentre seguiremo le cronache amare del presente, che enfatizza l’intolleranza verso un’Europa deludente, dovremmo non dimenticare una delle voci più autorevoli di un passato da cui si volle prendere congedo e che rischia di tornare, se ripiomberemo nel “sonno della ragione”. Winston Churchill disse in una conferenza a Zurigo, nel 1946, quando l’Europa era semidistrutta: “C’è un rimedio alla tragedia dell’Europa. Il rimedio è di ricreare la Famiglia Europea. Dobbiamo creare una sorta di Stati Uniti d’Europa”; bisogna avere “il senso di un patriottismo allargato e di una cittadinanza comune”. “Il primo passo deve essere una partnership tra Francia e Germania. Solo così la Francia può riacquistare la guida morale e culturale dell’Europa”. E poi: “Ma vi devo avvertire. Il tempo può essere breve. Oggi c’è uno spazio aperto”. (Da Romano Guardini, Ritratto della malinconia, Morcelliana, Brescia 1993).
Questo spazio si è ridotto vistosamente, ma a noi tocca non permettere che si chiuda del tutto. Churchill rappresentava il Regno Unito, che in seguito avrebbe creato molte difficoltà al processo d’integrazione, sulla base della sua “insularità” e dei suoi privilegi storici e strategici.
E la stessa Francia, ora assai impegnata nella difesa dell’euro, ma con un forte partito antieuropeo, è stata a lungo prigioniera della sua grandeur, ostacolando il processo d’integrazione. La concezione di una famiglia unica di popoli europei, più larga degli stati sovrani, che, ritenendosi depositari assoluti del diritto di guerra e di pace, si erano combattuti per secoli, ha rappresentato un notevole salto di qualità nella concezione della politica internazionale. Per questo Churchill affermava: “Se l’Europa può salvarsi dalla sua miseria infinita, anzi dalla rovina, è con un atto di fede nella Famiglia Europea e un atto di oblio per tutti i crimini e le follie del passato”.
Nei giorni scorsi la Regina Elisabetta II ha celebrato fastosamete i suoi 90 anni, e il suo regno ultrasessantennale, essendo salita al trono nel dopoguerra, nel 1953, due anni dopo il varo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio, e quattro anni prima dei Trattati di Roma, istitutivi della CEE e dell’Euratom.
In Italia, nei giorni scorsi un giornale ha diffuso a basso prezzo, fra le polemiche, il Mein Kampf di Hitler. In Francia i campionati di calcio europei diventano occasioni privilegiate per guerriglie di tifoserie contrapposte, anche in nome dell’odio nazionalistico, mentre centomila poliziotti devono pensare a dividerli e a prevenire il possibile terrorismo dell’ISIS. Per questo l’intuizione di Churchill non va perduta: fede e oblio, e cioè speranza e perdono, piuttosto che rimozione o semplice dimenticanza del conflitto armato, sono gli atti interiori richiesti da uno statista che si era impegnato fino alla disperazione per battere la Germania nazista.
Luciano Corradini