Trentadue anni fa, il 9 novembre 1989 cadeva il muro di Berlino. Costruito nel 1961, destinato a segnare la storia per l’impero sovietico, durò in fondo solo 27 anni. Sempre troppi, e come di tutti i muri di esso rimangono solo rovine, per qualche feticista anche calcinacci come souvenir.
I suoi costruttori lo chiamavano “Antifaschistischer Schutzwall”, muro di protezione antifascista. Oltre che a rinchiudervi il proprio popolo, servì solo ad ammazzare nella striscia della morte che correva fra le due barriere, i 133 sventurati che cercarono di superarlo, senza contare quelli non censiti che provarono ad aggirarlo in altro modo.
Per il sedicente “mondo libero “era la fine della storia, l’inizio del dominio delle democrazie liberali e del libero mercato. Il mondo non più diviso in due diveniva senza confini, si affermava la società globale, liberamente interconnessa in un radioso avvenire di scambi commerciali, politici e comunicativi.
Sappiamo tutti come è andata a finire
E succede che oggi, dodici paesi dell’Unione Europea chiedono di finanziare la costruzione di un muro, al cui confronto il Berliner Mauer impallidisce.
Fra i richiedenti ci sono otto paesi che al tempo stavano oltre la Cortina di Ferro, che scorreva da nord a sud sui loro confini a ponente, dovendosi difendere dagli aborriti fascisti occidentali.
Senza approfondire i numerosi aspetti della globalizzazione, mi interessa qui affermare che essa ha generato apertura, ma allo stesso tempo ha dato origine al suo contrario.
Alla fine della seconda guerra mondiale le barriere fisiche nel mondo erano 5, alla caduta del Berliner Mauer 15, oggi queste sono 70, con altre 7 già finanziate e in via di completamento. Secondo una ricerca (“Borders, Fences and Walls: State of Insecurity?” E. Vallet, Montreal ), oggi esisterebbero oltre 40 mila km di muri e barriere nel mondo, letteralmente la circonferenza del globo terrestre.
Ci sono barriere tra paesi in conflitto, perfino recinzioni interne alle città per separare quartieri poveri dai quartieri ricchi, ma soprattutto muri per contenere i flussi migratori.
Eccolo il nuovo nemico: il povero e migrante. I ricchi dell’era globale stanno costruendo un’autentica immensa Fortezza Bastiani, dalla quale scrutare il deserto dei Tartari del nuovo secolo, che ha assunto anch’esso dimensioni globali. Muri inutili, perchè i poveri del mondo non si fermeranno.
Forse Lorenzo Milani non si sbagliava quando temeva che la Storia “Dirà di noi che abbiamo odiato i poveri”. Invocava la buona fede per non avere “messo la scure alla radice dell’ingiustizia sociale”, l’unico mezzo capace di dissuadere i poveri.
Ma i dodici costruttori di muri ed i plaudenti nostrani non sono in buona fede.
Giovanni Vezzoni, Tesoriere Atelier Europeo