Uno sguardo al calendario mi ha fatto riflettere sul fatto che il giorno 27 maggio, data della nascita di don Lorenzo Milani, in cui inizierà ufficialmente a Barbiana l’anno del centenario a lui dedicato, alla presenza del Presidente della Repubblica e del Presidente della CEI, è anche la vigilia della festa della Pentecoste (28 maggio), mentre il 2 giugno successivo è la festa della Repubblica.
I presidenti di queste due istituzioni, Mattarella e Zuppi, fra i molti, riconoscono che il prete e maestro che ha creato dal nulla una scuola anomala, in un paesino in cui era stato “esiliato” dal suo vescovo, è anche oggi una risorsa: non solo per la scuola, ma anche per la Repubblica e per la Chiesa, proprio in un’epoca in cui i cittadini in maggioranza non votano, i fedeli lasciano le chiese e molti studenti lasciano le scuole.
Non sono membri di “popoli diversi” coloro che, in particolare giovani, soffrono di quello che alcuni sociologi chiamano “sindrome del ritiro” dall’io, in quanto portatore del peso dei legami relativi a diversi ambititi del sociale, ma sono tutti persone, cittadini e lavoratori (potenziali) della Repubblica italiana e dell’Unione europea: persone che non hanno “ancora” capito d’essere titolari di dignità e di conseguenti diritti e doveri. Valori, questi, che non sono svaporati solo perché non sono da molti percepiti e riconosciuti, per omissioni, colpe o sventure di diverso tipo, nella complessità spesso indecifrabile della nostra società. Occorre che qualcuno trovi un modo efficace per salvarli dalla non conoscenza e dalla perdita di quell’empatia che aiuterebbe ad uscire dall’avarizia per “salvarsi insieme” con la “politica”, intesa in senso lato.
Durante l’enorme disastro idrogeologico dell’Emilia Romagna di questo fine maggio, sbucano fuori centinaia di giovani che si mobilitano con tutti i mezzi, anche a nuoto, per salvare, aiutare bambini e anziani e per liberare case e strade dal fango. Chiese e conventi aprono le porte, senza fare molte indagini storico filologiche sul rapporto fra Costituzione e Vangelo. Rinascono così gli “angeli del fango” del 1966, che si mobilitarono ai tempi di don Milani, per pulire Firenze, sommersa dall’Arno. Da Reggio E. organizzavamo quotidiane spedizioni di studenti, mentre altri pensavano di fare una violenta lotta di classe, ponendo le basi per “La notte della Repubblica” (Sergio Zavoli). A un preside contrariato perché lo disturbavo alle 7 del mattino, con l’aggravante di far perdere le lezioni agli studenti, mi capitò di rispondere citando Socrate e Don Milani. Brontolando si acquetò.
Don Lorenzo, dopo il liceo Berchet, frequentò a Milano l’accademia di Brera per diventare pittore ma poi, folgorato dalla lettura di un messale in latino, s’ingozzò di Vangelo. Diventato prete, decise che questo amore richiedeva, per i suoi parrocchiani, una scuola diversa da quella di cui disponevano, pur dopo la recente riforma. Una scuola senza stipendi e senza circolari, ma severa e rigorosa quanto lo richiedevano il Vangelo, la Costituzione italiana e la sua passione per il successo formativo dei ragazzi.
Ora escono, in nuova edizione curata dal suo allievo Michele Gesualdi, le sue “Lettere da Barbiana” (1954-1967), che danno il senso autentico del formarsi del suo pensiero.

Luciano Corradini

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